La politica estera non ha molta fortuna in Italia. Le informazioni sono spesso limitate ai momenti di crisi, e ci sono Nazioni che sembrano trasparenti a chi sceglie su quali argomenti dobbiamo essere informati.
Ecco un esempio che riguarda l'Europa.
di Romano Prodi - da Il Messaggero
Sempre travolti dai problemi dell'euro abbiamo con una certa leggerezza trascurato un'altra importante partita che si svolge non lontano dai nostri confini, una partita che si esprime nella crescente tensione tra l'Ungheria e le istituzioni europee. Una partita molto importante perché non riguarda specificamente interessi economici ma le fondamentali regole democratiche e di convivenza sulle quali si basa l'Unione europea.
I fatti sono molto semplici. Anche in conseguenza di molti anni di forti tensioni politiche e di cattiva amministrazione dell'economia del Paese. Viktor Orban ha vinto due anni fa le elezioni ungheresi con una maggioranza schiacciante. Una maggioranza da lui utilizzata per una radicale e progressiva riforma della costituzione. Un passo indubbiamente necessario, data l'inadeguatezza della costituzione precedente ma che è stato utilizzato da Orban per cambiare in senso autoritario e fortemente nazionalistico le leggi fondanti dell'Ungheria.
Simbolica dì questo passaggio è stata la proposta di estendere la cittadinanza ungherese anche a coloro che, essendo di etnia magiara, vivono al di fuori dei confini del Paese, risuscitando in tale modo il nazionalismo della grande Ungheria e seminando panico nei Paesi, come la Slovacchia e la Romania, dove vivono numerosi cittadini di origine magiara. Lo slogan di Orban , che l'Ungheria è responsabile del destino degli ungheresi che vivono oltre i suoi confini, è già di per se stesso un elemento dì turbamento dei rapporti all'interno dell'Unione europea, rapporti che debbono essere gestiti in modo cooperativo e nel rispetto delle sovranità di tutti.
Al nazionalismo etnico si è ovviamente accompagnato il nazionalismo economico, che ha portato ad azioni mirate contro le imprese straniere e ad una tensione crescente nei rapporti con la Banca centrale europea. È interessante notare che Orban era entrato in politica con una piattaforma estremamente liberista che, durante il suo precedente mandato da primo ministro nella seconda parte degli anni Novanta, imponeva con enfasi a tutti i suoi colleghi, i quali (me compreso) dovevano sorbirsi vere e proprie lezioni sulle eterne e indefettibili regole dell'economia di mercato. Ed è perciò importante notare che questo nazionalismo aggressivo ed enfatico per cui «nessuno al mondo potrà mai dire ai rappresentanti del popolo ungherese come possono o non possono votare» è stata proprio la piattaforma che ha permesso a Orban di vincere in modo trionfale le elezioni del 2010.
Siamo tuttavia ben consapevoli che, quando si cavalca la tigre del nazionalismo, si sa da dove si parte ma non si sa mai dove si arriva. Su quest'onda è infatti cominciata da parte di Orban un'azione progressivamente restrittiva delle libertà dei media, della possibilità di espressione degli oppositori e infine, come fatalmente avviene in questi casi, delle competenze delle fondamentali istituzioni democratiche del Paese. A farne le spese sono stati i ruoli della Corte suprema e della Banca centrale, sempre più sottoposti alla forza ormai incontrollata del potere esecutivo. Di fronte a questa evoluzione, le istituzioni europee sono rimaste per molto tempo mute e sorde ma, finalmente, nelle ultime settimane, la voce dell'Europa si è cominciata a sentire. Una voce sempre più forte e chiara nel sostenere il principio che le leggi e i comportamenti dei Paesi membri debbono riflettere i comuni valori europei.
Le autorità comunitarie non debbono quindi limitarsi ad analizzare gli aspetti tecnici delle decisioni dei Paesi, ma sono obbligate a valutarne le conseguenze sull'evoluzione delle regole democratiche, sulle relazioni tra governi e opposizioni e sui rapporti tra lo Stato e la società civile. L'Unione europea, pur nel rispetto della sovranità dei Paesi membri, si deve infatti assumere il compito di garantire in essi l'applicazione dei principi democratici. Almeno per una volta questa dichiarazione di assunzione di responsabilità da parte dell'Unione europea si è accompagnata a misure concrete.
Da un lato sono stati sospesi gli aiuti di cui l'Ungheria ha necessità per affrontare con qualche possibilità di successo la sua drammatica crisi economica e, dall'altro, è stato annunciato l'inizio di una procedura di infrazione riguardo alle decisioni volte a limitare l'indipendenza della Corte suprema e della Banca centrale d'Ungheria. Un po' di bastone e un po' di carota hanno spinto Orban ad un'apertura politica di cui negli scorsi mesi non vi era traccia. Tra due giorni si svolgeranno infatti a Bruxelles incontri dedicati a preparare la soluzione di problemi che sembravano destinati a diventare insolubili e quindi drammatici.
È troppo presto per cantare vittoria, ma vi sono almeno elementi sufficienti per dire che quando le istituzioni europee (soprattutto la Commissione e il Parlamento) fanno sentire la propria voce, finiscono con l'essere ascoltate. Mi auguro perciò che la voce dell'Europa si faccia sentire più spesso in futuro e che essa sia sempre più capace di regolare i comportamenti non solo dell'Ungheria ma dí tutti i membri dell'Unione.
Tratto da: http://www.democraticidavvero.it/adon.pl?act=doc&doc=11460
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